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28.2.10

Fiere: White è in scena a Milano!


All'interno del White di Milano dal 28 febbraio al 2 marzo Selection by C.L.A.S.S. presenta un'area dedicata alla moda eco.
C.L.A.S.S. è un network di tre showroom con sedi a Milano, Londra e New York che supporta e promuove prodotti naturali e organici, riproposti e riciclati per la moda, la casa ed il design attraverso un’ampia ed aggiornata collezione di eco-materiali, filati, processi, prodotti finiti e servizi. L'obiettivo è quello di facilitare la connessione tra i produttori tessili, i marchi fashion, lifestyle e design creando opportunità nel mercato dell’eco-compatibilità per un business all’avanguardia ed in linea con le esigenze del consumatore contemporaneo.

Selection by C.L.A.S.S.
è nell'area Ex-Ansaldo – piano 1 – via Tortona 54
dal 28 febbraio al 2 marzo
http://www.whiteshow.it/index.php?param=554&des=

26.2.10

La certificazione biologica: intervista a Paolo Foglia


Per fornire una panoramica sul sistema di certificazione nazionale ed internazionale del tessile-bio ho intervistato Paolo Foglia, Responsabile Ricerca & Sviluppo di ICEA, Istituto per la Certificazione Etica ed Ambientale.

Cos’è l’ ICEA?
ICEA è tra i più importanti organismi del settore in Italia e in Europa, con oltre 11.000 aziende controllate a forte valenza etica, ambientale e sociale, 300 tecnici e 23 Strutture Operative Territoriali in Italia e all'estero.
Opera per favorire uno sviluppo equo e socialmente sostenibile che dall’agricoltura biologica si estende agli altri settori, tra cui il tessile bio.

Quali sono i riferimenti normativi per il tessile-biologico? Esiste un'armonizzazione a livello internazionale?
Per definire in maniera corretta un “Prodotto Tessile Biologico”, dobbiamo prendere in considerazione due documenti normativi.
Il primo è il Regolamento CE 834/2007 relativo alla produzione biologica e all’etichettatura dei prodotti biologici. Il regolamento europeo trova oramai una corrispondente legislazione in tutti i principali paesi. Ad esempio, negli Stati Uniti vige il National Organic Program (NOP), in India hanno adottato il National Programme for Organic Production (NPOP).
Tutti questi strumenti legislativi, seppure con qualche piccola differenza tra loro, stabiliscono un quadro normativo generale per la produzione biologica, e si applicano ai seguenti prodotti provenienti dall’agricoltura:
- prodotti agricoli non trasformati, come cotone;
- prodotti agricoli trasformati destinati ad essere utilizzati come alimenti.
E qui, abbiamo un punto molto importante. Tutti i processi manifatturieri tessili (dalla filatura alla nobilitazione) non rientrano nello scopo delle varie normative nazionali o regionali in materia di agricoltura biologica.
Proprio in ragione di questo vuoto legislativo è stato predisposto ed adottato a livello internazionale il Global Organic Textile Standard (GOTS), che introduce criteri ambientali e sociali che si applicano al sistema manifatturiero tessile.

Ci sono aziende che hanno deciso di certificare solo il cotone bio senza certificare il processo produttivo?
La certificazione che segue gli standard GOTS implica inevitabilmente la certificazione di tutto il processo, dalla materia prima fino alla realizzazione del prodotto finito. Ciò non toglie che ci sia ancora una “linea d’ombra” che alcune aziende non hanno varcato limitandosi alla certificazione della mera materia prima.

Quante sono in Italia le aziende del tessile-abbigliamento certificate?
Se consideriamo tutta la filiera sono circa 200 (la maggior parte certificate da ICEA, le altre sono certificate da CCPB).
Il tessile certificato ha ancora un peso rilevante rispetto all’abbigliamento certificato.

E' possibile certificare l’intero processo produttivo lungo la filiera?
ICEA effettua una verifica documentale per poi passare alla verifica ispettiva non solo presso l’azienda richiedente la certificazione ma anche sugli eventuali contoterzisti coinvolti nel processo produttivo. Viene inoltre compiuta un’analisi sui campioni attraverso delle prove fisico-chimiche. Tutti i controlli devono attestare che il prodotto tessile:
- sia ottenuto con cotone o altra fibra naturale (lino, canapa, ecc.) che sia stata coltivato con il metodo dell’Agricoltura Biologica in accordo ai criteri fissati dal Reg. CE 834/2007 (Europa) o dal National Organic Program (USA);
- sia stato prodotto e nobilitato in accordo ai criteri ambientali e sociali definiti dal Global Organic Textile Standard (GOTS).

Quali sono le difficoltà nella certificazione del tessile-bio?
Le difficoltà sono su un doppio livello:
- Livello agricolo (produzione del cotone)
Il fatto che le contaminazioni viaggino con il polline determina il risultato di non poter facilmente proteggere la coltivazione bio da quella non-bio a qualche centinaio di metri di distanza. Il problema è amplificato se pensiamo all’ampia diffusione dell’uso di sementi OGM (l’OGM supera oggi il 40% dell’intera produzione mondiale).
- Livello di tracciabilità del processo produttivo
L’organizzazione produttiva del tessile (bio e non) è molto frastagliata: ad esempio il cotone può arrivare dall’India, venire filato in Turchia, tornare in Europa per poi essere confezionato in Bangladesh!
Ma è proprio la tracciabilità uno dei punti di forza della certificazione bio: nell’alimentare come nel tessile il problema esiste ma deve essere affrontato!

22.2.10

Interviste: Paolo Pastore, Fairtrade Italia

Per capire meglio il legame tra moda bio e commercio equo e solidale (fairtrade) ho intervistato Paolo Pastore, direttore di Fairtrade Italia.

Ci può descrivere le attività del Consorzio Fairtrade?
Il Consorzio Fairtrade TransFair Italia fa parte di FLO (Fairtrade Labelling Organizations international), Federazione internazionale dei marchi di garanzia, che raggruppa attualmente 20 organizzazioni che operano in Europa, Stati Uniti, Canada, Giappone, Australia, Nuova Zelanda, Messico. Flo e Fairtrade TransFair garantiscono che i prodotti che portano il marchio Fairtrade siano stati ottenuti senza causare sfruttamento e povertà nel Sud del mondo e siano stati acquistati secondo i criteri del commercio equo e solidale.

Cosa intendiamo esattamente per commercio equo e solidale?
Il commercio equo e solidale è una partnership commerciale fondata sul dialogo, la trasparenza e il rispetto, che cerca di stabilire una maggiore equità nel mercato internazionale. Contribuisce ad uno sviluppo sostenibile offrendo migliori condizioni commerciali ed assicurando i diritti dei produttori
e dei lavoratori svantaggiati del Sud del Mondo. Le organizzazioni del commercio equo, anche con l’aiuto dei consumatori, sono impegnate nel supporto ai produttori e in campagne finalizzate a cambiare le regole e le pratiche del commercio tradizionale.

Parliamo di cotone biologico. Che peso ha il cotone bio nel fairtrade?
Tutto il cotone fairtrade è prodotto e lavorato con criteri di basso impatto ambientale ma la certificazione biologica riguarda a tutt’oggi solo una piccola parte del mercato equo e solidale. Se consideriamo il cotone fairtrade nella coltivazione a livello mondiale circa il 50% è anche bio, mentre nel marcato italiano del prodotto finito e commercializzato la percentuale scende al 10%.
Fino al 2005 l’abbigliamento bio era rappresentato prevalentemente dai prodotti “etnici” con basso contenuto moda. Oggi il peso maggiore è rappresentato dalla categoria merceologica dell’abbigliamento jeans. La novità degli ultimi 5 anni è proprio l’ingresso sul mercato di numerosi jeans di marchi famosi e private labels.
Diversa la situazione dei prodotti fairtrade del food, dove la percentuale sale al 50%.

Qual è il peso dell’abbigliamento fairtrade sul totale?
Nel massmarket (supermercati ed ipermercati) dall’AI 2006-2007 all’AI 2009-2010 in Italia sono state vendute circa 35.000 paia di jeans fairtrade annui e la stessa quantità di T-shirt e similari per un totale di circa 70.000 capi annui. A valore queste quantità si traducono in un sell out al dettaglio di 1,75 milioni di euro (prezzo medio al dettaglio 25 euro).
Se si confronta questo valore con le vendite di tutti i prodotti fairtrade in Italia (circa 48 milioni nel 2009) si evince che le vendite di abbigliamento fairtrade pesano ad oggi solo il 3% sul totale, quota certamente in crescita nei prossimi anni.
Ad esempio la novità del 2009 è rappresentata dalle borse in cotone per la spesa: le vendite annue a volume sono rappresentate da 750.000 pezzi e si traducono in un valore stimato di 1.400.000 euro (prezzo medio 1,9 euro).

Cosa accadrà in Italia nei prossimi anni?
Sicuramente ci sarà un forte incremento dei volumi di prodotto fairtrade nei prossimi anni. Una grossa spinta sarà fornita dalla legge in vigore (con il ritardo di un anno) dal 1/1/2011, quando saranno disponibili borse di cotone fairtrade in tutti i supermercati ed ipermercati: Lidl le ha già e sono andate a ruba!

All'estero alcuni retailers trovano spazio da tempo delle linee nel mercato equo e solidale. In Italia questo non avviene: quali sono, secondo lei, le ragioni di questo ritardo italiano?
Si tratta di un problema atavico, ormai congenito in Italia che riguarda non solo il consumo di cotone organico ma anche i prodotti alimentari bio.
L’Italia è in ritardo per due problemi.
Da un lato la mancanza di un intervento pubblico per la sensibilizzazione verso i prodotti di utilità sociale. Ad esempio nel 2009 la Germania ha investito 1.5 milioni di euro in campagne di sensibilizzazione verso i prodotti bio e fairtrade. Il governo francese, invece, ha bandito delle gare d’appalto per forniture pubbliche di prodotti fairtrade: tute da lavoro con cotone fairtrade per postini francesi o il personale di Expedia in aeroporto.
In Austria il governo ha investito circa 250mila euro in campagne di informazione per spingere a utilizzare i prodotti certificati Fairtrade, mentre in Inghilterra il cantante dei Coldplay ha sostenuto il commercio equo e solidale indossando durante i concerti t-shirt in cotone prodotto da contadini africani. Da noi questo ancora non avviene.
L’altro motivo è la scarsa presenza di private labels con linee bio. In Germania Lidl ha lanciato una linea di abbigliamento esterno di cotone fairtrade andata a ruba; in Austria Spar (in Italia l’insegna si chiama Despar, Ndr) ha proposto una linea di tessile casa con cotone fairtrade per la PE2009). Anche Muji, che è ancora poco presente in Italia, ha lanciato una linea di biancheria da letto fairtrade.
L’Italia è in ritardo anche per i prodotti bio di marca: pensiamo alla Jack&Jones, brand danese, specializzato in denim maschile (presente in Italia tramite un monomarca a Faenza e tramite il canale e-commerce, Ndr) che utilizza cotone certificato bio, coltivato da piccole aziende agricole. Jack&Jones è appena entrato in Italia mentre è già molto diffuso in altri paesi.
Nel 2009 il valore al dettaglio del commercio equo (tutti i canali, Ndr.) nel territorio nazionale si aggira intorno ai 120 milioni di euro: superando questi due problemi il valore potrebbe duplicarsi a breve, seguendo l'esempio di Francia e Germania che in pochi anni hanno raggiunto rispettivamente i 255 milioni e 210 milioni di euro.

19.2.10

Parla come mangi


Negli ultimi anni si fa un gran parlare di "bio", “sostenibile”, “green”, “eco” e questi aggettivi sono sempre più spesso riferiti ai prodotti del tessile-abbigliamento.
Quando un prodotto tessile può essere definito biologico? Per ora basti dire che biologico è un prodotto ottenuto da fibre naturali e lavorato rispettando criteri ambientali e sociali.
Concetto strettamente legato al bio è quello della tracciabilità lungo tutte le fasi del processo produttivo, dalle materie prime ai prodotti finiti.
Per meritarsi l'appellativo di bio un prodotto dovrebbe sempre essere anche etico: nella manifattura dei prodotti tessili biologici si dovranno quindi usare pratiche, tecniche e/o tecnologie che consentano una riduzione nell’uso di prodotti chimici, acqua ed energia e rispettare i diritti dei lavoratori lungo tutta la filiera produttiva.
Nei prossimi post vi racconterò quanto variegato sia già il segmento bio-fashion nato solo da qualche anno in Italia.